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Negli ultimi anni, la necessità di una transizione ecologica ha assunto un’importanza cruciale per le piccole e medie imprese (PMI) italiane. Questo processo non si limita a una semplice sostituzione dei veicoli a combustione interna con modelli elettrici, ma implica una revisione completa della gestione aziendale, specialmente per quanto riguarda la mobilità.
Le normative europee, come il pacchetto Fit for 55, pongono scadenze ambiziose e restrizioni significative che costringono le PMI a rivedere le proprie strategie.
Le sfide della transizione ecologica
Uno dei cambiamenti più evidenti è il deterioramento del valore dei veicoli a combustione. In passato, l’acquisto di una flotta di furgoni diesel era considerato un investimento sicuro, grazie a un mercato dell’usato robusto e a curve di deprezzamento prevedibili. Oggi, la situazione è radicalmente cambiata.
Con l’espansione delle zone a traffico limitato (ZTL) e l’implementazione di normative più severe come l’Euro 7, i veicoli a motore termico stanno rapidamente diventando obsoleti. Le PMI si trovano quindi di fronte al rischio di investire in beni che potrebbero subire improvvisi cali di valore e restrizioni alla circolazione entro pochi anni.
Il concetto di stranded assets
Questo fenomeno, noto come stranded assets, rappresenta una seria minaccia per la stabilità finanziaria delle PMI, soprattutto per quelle con risorse limitate. Investire in un veicolo che potrebbe perdere valore in tempi brevi è un rischio che molte aziende preferiscono evitare.
Verso l’elettrico: opportunità e ostacoli
Di fronte a queste incertezze, la scelta di passare a veicoli elettrici sembra la soluzione più logica. Tuttavia, il panorama non è privo di insidie. La rapida evoluzione della tecnologia delle batterie implica che un veicolo elettrico acquistato oggi potrebbe diventare obsoleto in breve tempo, con autonomie inferiori e tempi di ricarica più lenti rispetto ai futuri modelli.
In aggiunta, l’infrastruttura di ricarica in Italia, sebbene in espansione, presenta ancora lacune che possono complicare l’uso di veicoli elettrici, specialmente per chi copre lunghe distanze. La necessità di immobilizzare capitali in tecnologie non completamente mature rappresenta un rischio che molti direttori finanziari preferiscono non correre.
La flessibilità come chiave di successo
In questo contesto, le PMI stanno iniziando a riconsiderare il concetto di proprietà dei veicoli. Modelli come il noleggio a lungo termine offrono un’alternativa interessante, consentendo di evitare l’acquisto diretto e di gestire la flotta attraverso un canone mensile. Ciò permette di trasferire il rischio di svalutazione a terzi e di trasformare costi fissi in spese operative più prevedibili.
La competitività nella filiera
Un altro aspetto che spinge le PMI a rinnovare rapidamente il proprio parco veicoli è la crescente attenzione ai criteri ESG (Environmental, Social, and Governance). Le aziende più grandi richiedono ai loro fornitori di rispettare standard di sostenibilità, e una flotta obsoleta può risultare penalizzante in fase di selezione.
Le emissioni di CO2 dovute alla catena di fornitura, categorizzate come Scope 3, includono anche quelle derivanti dalla mobilità aziendale. Di conseguenza, avere veicoli ecologici non è solo una questione di conformità, ma diventa un elemento cruciale per il successo commerciale.
Il ruolo delle istituzioni finanziarie
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Adattamento e flessibilità
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